23 luglio 2012

Qual'è il reale valore del tuo smartphone?

Una nuova infografica prodotta da McAfee ha condensato il valore dei costi connessi alla sostituzione di uno smartphone perso o rubato. Tra i dati più significativi, spicca come il 50% degli utenti di smartphone preferiscono perdere il portafoglio piuttosto che lo smartphone.
I nostri telefoni stanno diventando sempre più le nostre carte di credito, gli abbonamenti dei mezzi pubblici, e molto altro ancora.
Non solo. Il tempo necessario per sostituire uno smartphone e il relativo contenuto, si aggirerebbe intorno alle 18 ore e richiederebbe oltre 560 euro (tra costo del dispositivo e disagi connessi).
Alla luce di questi rischi, è importante adottare le opportune precauzioni per proteggersi. Ecco alcuni suggerimenti degli esperti per tenere al sicuro le proprie informazioni personali:

  • Proteggere sempre il proprio dispositivo mediante password e impostarlo in modo che il blocco automatico si attivi dopo un determinato periodo di tempo.
  • Prima di scaricare un’applicazione di terze parti, controllare le recensioni degli altri utenti per verificare che sia sicura e leggere l’informativa sulla privacy, per assicurarsi che le proprie informazioni personali non vengano divulgate.
  • Se si utilizzano i siti di e-banking e acquisti online, effettuare sempre la disconnessione. Non selezionare mai la funzione di memorizzazione dei dati di accesso.
  • E’ bene, infine, prendere in considerazione di dotarsi di una soluzione per proteggersi dal malware mobile, non solo per difendersi dai virus per cellulari e navigare in sicurezza, ma anche per salvaguardare la privacy in caso di smarrimento o furto.


16 luglio 2012

Si chiama Smartphonatic. Ed è un nuovo tipo di consumatore

Smartphonatic, si chiamerebbe così la nuova categoria di consumatori evidenziata da uno studio condotto in 14 paesi da ACI Worldwide e Aite Group, sul mobile banking e payment.
Lo Smartphonatic è un individuo che, dato che possiede uno smartphone, cambia le proprie abitudini di acquisto, finanziarie e di pagamento.
Il report ha identificato una netta differenza tra l’adozione del mobile presso gli Smartphonatic e il resto dei consumatori: mentre l’80% degli Smartphonatic utilizza il proprio smartphone per il mobile banking, solo un terzo dei consumatori non-Smartphonatic lo adotta.
Inoltre, il 70% degli Smartphonatic usa lo smartphone per il mobile payment, contro meno di un quarto dei non-Smartphonatic che lo utilizza per lo stesso servizio.
Secondo il report, il comportamento degli Smartphonatic sta influenzando le richieste e le esigenze dei consumatori in merito alle soluzioni di mobile payment e banking, fattore che dovrà essere preso in considerazione dalle istituzioni finanziarie e dai retailer nei prossimi 5 anni se vorranno rimanere competitivi.


Gli Smartphonatic variano per paese ed età: sono più comuni in India e in Cina rispetto a Stati Uniti ed Europa.
Il report ha rilevato trend diversi in base a specifiche geografiche e demografiche. Primo tra tutti, che a livello globale circa il 25% dei consumatori può essere classificato Smartphonatic; inoltre gli Smartphonatic identificati per ogni paese rappresentano il livello di maturità di quel paese in merito al mobile: l’India mostra la più alta percentuale di Smartphonatic, con il 60%, seguita dal Sud Africa con il 42%. La percentuale più bassa si è rilevata in Germania con il 10%, in Francia 8% e in Canada 7%. L’Italia raggiunge il 27% e gli Stati Uniti il 20%.
Gli Smartphonatic sono più disposti a sperimentare nuovi approcci di mobile payment e banking rispetto al consumatore tradizionale. Va evidenziato anche che il fatto di possedere uno smartphone, non significa essere uno Smartphonatic.

9 luglio 2012

Il cambiamento: storia di un'azienda che proprio non capisce...

Questa è la storia di un'azienda.
Non è la mia e neanche la vostra. 
Ma potrebbe esserlo.
Un'azienda che vorrebbe cambiare, pensa di farlo, ma in realtà non riesce a farlo.
Non si tratta di usare i social media, comunicare in maniera diversa, lavorare sul mobile o realizzare prodotti digitali.
E' molto di più.

Tutto ciò non è affatto scontato. Me ne convinco sempre di più, partecipando a conferenze, incontrando professionisti e scoprendo progetti coraggiosi.
Quello che l'azienda di questa storia proprio non riesce a capire, è che il cambiamento e l'innovazione non "iniziano a fare"... ma si pensano, si vivono e si respirano ogni giorno.
Non parliamo solo di un percorso, ma di un viaggio.
Uno di quei viaggi per cui parti convito di aver preso tutto, ma fin dal primo giorno invece, ti accorgi di non avere quasi niente di ciò che ti serve.
Uno di quei viaggi che ti cambia i punti di riferimento, ti annulla molte certezze, ti fa vedere solo scenari nuovi, ti spiazza da subito... ma, proprio per questo, ti entusiasma. Quel lato affascinante e avvincente del business, la vedi solo in questi viaggi.

Ma l'azienda di questa storia, è convinta che si possano copiare le stesse logiche di sempre e incollarle su un po' di tecnologia, un portale web, uno smartphone o una pagina di Facebook.

Se c'è un modo per sbagliare davvero in questa fase di transizione, è non comprendere che lavoriamo su mercati che non torneranno più quelli di prima. Sono cambiati, come quasi tutte le regole del gioco.
La quantità e i grandi numeri non valgono più niente, se non si basano su qualità e valore.
L'interazione, le relazioni, la flessibilità e l'engagement, valgono molto più un'esercito di commerciali con il listino in mano.
Per molti professionisti, la produttività non può essere legata a dove ti trovi e all'orario di lavoro.
L'azienda di cui parliamo, agisce lentamente e non riesce a cambiare punto d'osservazione quando analizza il mercato.
Non ci riesce (e forse non vuole).
E così continua a perdere vantaggio competitivo.
Ma questo, è solo l'inizio della storia...

3 luglio 2012

Utilizzare i social network in ufficio. E’ giusto?

L’agenzia di consulenza in risorse umane Kelly Services, ha rilasciato in questi giorni il Kelly Global Workforce Index™. Si tratta di un’indagine condotta da ottobre 2011 a gennaio 2012, su un campione di 170.000 persone in 30 paesi (di cui circa 5.000 in Italia), che mostra l’evoluzione dell’approccio dei lavoratori nei confronti dei social network.
Dall’indagine emerge che la diffusione dei social media sul luogo di lavoro sta avvenendo molto velocemente, infatti, un lavoratore su 5 ne approva l’utilizzo durante l’orario d’ufficio. Mentre molti dipendenti sono pronti a vedere i benefici dell’utilizzo dei social network in ufficio, i datori di lavoro e i dirigenti sono perplessi e devono ancora risolvere alcune complesse problematiche legate alla privacy, al monitoraggio e all'accesso alle informazioni aziendali riservate.

In particolare, quasi un quarto degli intervistati (
24%) considera questi strumenti validi per condividere opinioni lavorative con amici e colleghi. Nella fattispecie, la regione italiana più incline a questo approccio è la Sicilia (34%), mentre secondo il 67% dei laziali non è corretto scambiare opinioni relative a questioni lavorative, attraverso i social media. Solo al 6% dei dipendenti è stato esplicitamente richiesto di non utilizzare i social media sul luogo di lavoro. 

Per molti lavoratori però, poter accedere ai social media in ufficio è diventato quasi un diritto. Infatti, sono ormai considerati strumenti fondamentali per la comunicazione e utili per la carriera.Un dato interessante che emerge dalla survey riguarda la possibilità dei potenziali datori di lavoro di visionare le pagine del candidato sui social network prima di decidere sull’assunzione: è lecito? La risposta è negativa per il 55% degli intervistati italiani. Inoltre, si conferma la tendenza a scegliere il canale dei social network per la ricerca di un nuovo posto di lavoro, come attestato dal 23% degli intervistati, che predilige questo mezzo rispetto ai metodi tradizionali come giornali, siti online ed agenzie di reclutamento.