In Italia e nel resto d’Europa il work-life balance (cioè l’equilibrio
tra vita professionale e personale) sta lasciando il posto a un nuovo concetto,
quello del work-life blend, la commistione
tra vita lavorativa e vita privata.
9 italiani su 10, sovrappongono costantemente
le due sfere dedicandosi a faccende personali durante l’orario lavorativo e svolgendo,
di contro, attività lavorative nel tempo libero. Ciò è legato, in particolare, allo
sviluppo di nuove competenze e abitudini sull’utilizzo dei dispositivi mobili, usati indipendentemente da – o nonostante – specifiche
policy aziendali, sollevando notevoli rischi nell’ambito della sicurezza dei
dati. Questi dati sono emersi dallo studio People-Inspired Security condotto dalla
società di ricerca indipendente OnePoll
e commissionato da Samsung su 4.500
persone in 7 Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna,
Belgio e Olanda).
Secondo i risultati della
ricerca, in Europa sono proprio gli italiani a sovrapporre maggiormente vita
privata e lavoro: il 90% di loro (contro il 77% della media europea) si
dedica a compiti professionali al di fuori dell’orario d’ufficio, mentre l’86% (contro il 75% della media europea)
svolge attività personali sul posto di lavoro. In particolare, il 69% di chi si dedica alla propria sfera
privata in ufficio passa fino a mezzora
al giorno pagando bollette o consultando la propria banca online, mentre il
50% di chi lavora durante il tempo
libero lo fa impiegando a questo scopo circa 45 minuti ogni giorno prima
dell’orario ufficiale. A detta degli italiani, quest’abitudine costituisce un vantaggio: mentre il 43% dichiara di riuscire, così, a gestire meglio gli impegni personali,
quasi la metà degli italiani (48%)
afferma di poter svolgere una maggiore
quantità di lavoro nel medesimo arco di tempo. Molto più semplicemente, il 34% considera il work-life blend un modo per ridurre
lo stress.
In questo contesto, i dispositivi mobili svolgono un ruolo
chiave. La metà degli italiani (49%)
utilizza, infatti, il proprio smartphone personale anche a scopo lavorativo,
mentre il 32% usa, al contrario, lo
smartphone del lavoro anche nella vita privata. Non stupisce, quindi, il fatto
che in Italia si abbiano in media 11 app
personali - come Facebook, Whatsapp o Candy Crush - sui propri smartphone
di lavoro e 9 app tipicamente professionali
– come, ad esempio, Microsoft Outlook o Lync - sugli smartphone personali.
Lo studio rivela, infatti,
l’esistenza in Europa dei cosiddetti “lavoratori
hacker”: coloro che, forti di una certa dimestichezza in ambito
tecnologico, utilizzano a scopo lavorativo lo strumento che preferiscono, senza
tenere conto di policy o restrizioni aziendali. Anche da questo punto di vista gli italiani raggiungono il primo posto in
Europa: più di un terzo di loro (34%
contro una media europea del 26%) hanno utilizzato i propri device per aggirare
consapevolmente sul lavoro gli ostacoli imposti dalla propria società, ad esempio
usando smartphone personali per accedere a siti web di file-sharing, che possono
essere bloccati sui dispositivi di lavoro. In questo contesto, quasi la metà (46%) dei “Millennials”, di età compresa
tra i 18 e i 34 anni, sono “lavoratori hacker” – la percentuale più ampia
rispetto a qualunque altro gruppo di età tra gli intervistati italiani.
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