27 agosto 2014

1 italiano su 3 aggira il divieto d’accesso ai social in azienda

Sul posto di lavoro, un italiano su tre aggira le restrizioni d’accesso a social network, app di messaggistica e archiviazione sul cloud imposte dalla propria azienda. Questo quanto emerso dallo studio People-InspiredSecurity condotto tra maggio e giugno 2014 dalla società di ricerca OnePoll e commissionato da Samsung in 7 Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Olanda).
Nonostante in Europa l’accesso a Facebook sia limitato o addirittura vietato al 40% dei dipendenti, in Italia un terzo delle persone (32%) ignora la norma pur essendone a conoscenza. Un risultato in linea con quanto registrato in Germania (34%), Spagna (33%), Belgio e Olanda (31%), ma inferiore al dato britannico: gli inglesi sono i più propensi a utilizzare Facebook a dispetto della policy aziendale, con il 41% di loro che ammette di accedere al social network durante l’orario di lavoro.
Circa un terzo dei lavoratori italiani tende ad ignorare o ad aggirare le restrizioni utilizzando i propri dispositivi personali anche nel caso di applicazioni d’archiviazione sul cloud (34%), app mobile (38%), servizi di video streaming (29%) e Twitter (26%).


“Dal punto di vista della sicurezza, è comprensibile che i datori di lavoro vogliano controllare l’uso della tecnologia da parte dei propri dipendenti. Se, però, questo si traduce nell’ignorare le esigenze del professionista moderno, le aziende potrebbero andare incontro a un calo di produttività e di coinvolgimento. Fiducia, comunicazione chiara e quadri normativi adeguati sono molto più efficaci nel favorire un comportamento costruttivo, al lavoro come nel tempo libero”, ha dichiarato Dimitrios Tsivrikos, Consumer and Business Psychologist allo University College London. “Come dimostra questo studio, vietare l’utilizzo della tecnologia e l’accesso ad alcuni siti web sul posto di lavoro spesso produce l'effetto opposto rispetto a quello desiderato. Una reale fiducia deve essere reciproca. Le aziende dovrebbero cercare di osservare il modo in cui i propri dipendenti lavorano e trovare, quindi, il modo di incorporarlo positivamente all’interno dell’ambiente professionale”.



13 agosto 2014

Video su Facebook? Engagement garantito se sono brevi

Secondo i dati di una ricerca condotta da socialbakers, esiste una correlazione precisa (e aggiornata) tra durata dei video pubblicati su Facebook e il successo che ottengono tra gli utenti.
Chiaramente il News Feed di Facebook non appare il luogo ideale per i video di lunga durata. Il dato importante è che l'engagement dei video risulta ottimale, se questi non superano la durata di 21 secondi
La ricerca mostra il tempo massimo entro il quale si riesce a mantenere coinvolto e attento l’utente: oltre la durata di 100 secondi, l’utente si annoia e passa ad altro. La durata media di un video sul popolare social network, è di circa 44 secondi
Interessante notare che Facebook considera un video come "visto interamente", se viene visualizzato il 95% del video stesso. Ciò ha senso, in considerazione dei vari ringraziamenti, credits o pubblicità, presenti alla fine di molti video.
Altro dato utile: il 57% degli utenti che iniziano a vedere un video, ne completano la visione.












La ricerca sottolinea anche come lo streaming video, sia l'unica forma di pubblicità, dove gli utenti dimostrano chiaramente per quanto rimangono concentrati e attenti sulla pubblicità stessa.
Facebook, negli ultimi tempi, sta adottando una politica sempre più favorevole ai video e continua a incentivare gli inserzionisti sull'utilizzo di video-advertising.



5 agosto 2014

Social network? Usati soprattutto da Mobile

Interessanti dati rilasciati da comScore, riguardo alle piattaforme utilizzate negli Stati Uniti per navigare sui social network.
Il canale mobile ha una prevalenza schiacciante. Dopo Snapchat, spiccano (ma non sorprende affatto) il 99% di Vine e il 98% di Instagram. Molto più significativi il 92% di Pinterest e, soprattutto l'86% di Twitter, seguito dal 68% di Facebook.

Resistono invece sia Tumbler che LinkedIn nell'utilizzo tramite la piattaforma desktop.