10 maggio 2012

Privacy, oltre tecnologie e leggi... è un atto di coscienza


In occasione del Privacy Day di Arezzo, ho intervistato in esclusiva il Colonnello della Guardia di Finanza, Umberto Rapetto. Abile scrittore e personaggio noto al grande pubblico, spesso coinvolto in interviste e invitato in programmi di approfondimento, è soprattutto persona schietta, preparata e un grande esperto di sicurezza, privacy e tecnologie.
Durante l’intervista abbiamo analizzato insieme la recente abolizione (tramite il Decreto Semplificazioni del Governo Monti) del Documento Programmatico per la Sicurezza. L’obiettivo è cercare di spiegare a tutti cosa cambia (e cosa non…), in tema di privacy e sicurezza dei dati.

Colonnello, che messaggio lanciare al pubblico, in occasione di questa giornata sulla Privacy?
Si è vissuta per un attimo la sensazione che la privacy, avesse subito una sorta di caduta di tono e di interesse. Scompare il Documento Programmatico per la Sicurezza (DPS) e qualcuno ha pensato che automaticamente stesse scomparendo la riservatezza dei dati e tutte le misure di sicurezza connesse.
Invece non è propriamente così. Anzi.
Il DPS, come obbligo formale viene meno, ma continua a sopravvivere come una sorta di ombra, perché chiunque debba trattare dati personali, è tenuto ad osservare le prescrizioni stabilite dalla legge sulla privacy. E’ importante avere un “diario di bordo”, prendere appunti… lo chiameremo in maniera diversa, ma sarà ancora importante avere una mappa di quali strumenti sono stati posti in essere, per far si che il cittadino abbia massima serenità, nel sapere che i propri dati e informazioni rimarranno in un ambito esclusivo e protetto. Anche (e soprattutto) in rete.

Qual è dunque, in questo momento, il primo step che consiglierebbe a un’azienda?
Se fossi “King for a day”, al timone di un’azienda, direi di non buttare via il tempo impiegato fino ad oggi per redigere il Documento Programmatico. Fare tesoro di quanto si è fatto per adeguarsi alla normativa sulla privacy e continuare sulla stessa linea.
Bisognerebbe domandarsi come mai era stato messo come obbligatorio questo documento, se invece era inutile. Non credo che il legislatore, a suo tempo, abbia commesso un errore così grande. Allo stesso modo, non voglio pensare che il legislatore successivo, abbia commesso un errore altrettanto grande.
Va considerato purtroppo che il DPS, col tempo, si era andato volgarizzando. Era diventato una mera formalità, oppure venivano offerte consulenze per realizzarlo a prezzi stracciati. Ultimamente sembrava davvero di essere in un bazar. Si dovrebbe trattare invece di un “atto di coscienza”, in cui: tratto i dati che devo trattare, li tratto come dovrei trattarli e quando devo trattarli.
Ogni realtà sa che deve attenersi a una serie di regole, non solo perché c’è un obbligo normativo, ma proprio perché c’è una dirittura morale.
Se si ha rispetto delle persone, si ha rispetto dei loro dati (che sono qualcosa di molto personale).

In azienda ci sono sempre più dispositivi mobili (si parla molto di BYOD – Bring Your Own Device), reti wireless e cloud. Gli informatici devono essere più coinvolti sui temi della Privacy?
Dovremmo coinvolgere tutti contemporaneamente. Se è vero che con la comunicazione mobile, siamo oggi sempre connessi, dobbiamo iniziare ad aprire un dialogo costante, su temi del genere.
Non sempre la soluzione più accattivante sotto il profilo delle tecnologie, è quella davvero più valida.
Se pensiamo al cloud computing ad esempio, dobbiamo essere coscienti che andiamo incontro a una serie di imprevisti che non sono solo fantascienza, ma decisamente reali. Le cronache recenti (si può citare il caso di Megaupload), sono piene di esempi che lo dimostrano.
Ragionate dunque... ma dialogate e confrontatevi anche.

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